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COMPAGNIE DI VENTURA
Milizie di mercenari guidate da un proprio capitano
(o condottiero). Formatesi in Europa dopo il Mille dal disfacimento
degli eserciti feudali e costituite da elementi di varia nazionalità
(in origine spagnoli, tedeschi e fiamminghi), continuarono a essere impiegate
in quasi tutte le guerre fino al XVI secolo. Particolare diffusione ebbero
le compagnie di ventura dal XIV secolo in Italia, dove le autonomie comunali
e signorili rendevano necessaria la presenza di truppe armate che non conveniva,
per motivi economici e politici, reclutare e addestrare all'interno della
compagine urbana. Specializzatesi nel combattimento a cavallo e dotate anche
di reparti di arcieri e balestrieri, divennero associazioni corporative
facenti capo prima a un organo collegiale (XIII secolo), poi a un capitano.
Costituite da alcune migliaia di individui di provenienza sociale diversa
(ex militari regolari, servi della gleba, artigiani impoveriti ecc.), poterono
contare su utili cospicui, provenienti dall'attività bellica e da
saccheggi e ricatti. Condannate nel 1179 dal concilio Laterano I e nel 1366
da una bolla di Urbano V, fecero tuttavia la fortuna di capitani quali fra
Moriale, Giovanni Acuto, Alberico da Barbiano, il Gattamelata, Muzio Attendolo
Sforza e Giovanni dalle Bande nere.
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